Un ragazzo, psichicamente fragile, che vive con i familiari, è in cura presso gli psichiatri dell’ASL competente. Lo stesso, probabilmente a causa della modifica delle cure, subisce degli scompensi che lo portano a dimostrare nervosismo e atteggiamenti aggressivi nei confronti dei parenti conviventi.
I genitori, preoccupati, contattano il Medico dell’ASL che lo ha in cura; tuttavia non vi sono miglioramenti e anzi, a seguito di una aumentata aggressività, i familiari chiamano il 118. La prima ambulanza arriva sul posto con un Medico non specialista, il quale, comprendendo la natura dei disturbi del giovane, chiama il 118 psichiatrico. Lo Psichiatra che sopraggiunge, quindi, si informa sullo stato di salute del paziente mediante un colloquio con lo stesso e la lettura della cartella clinica depositata presso l’ASL. Nonostante la forte agitazione del paziente, tuttavia, non ritiene opportuno né di somministrargli dei sedativi né di disporre il TSO – come pure richiesto dai familiari; al contrario, gli fornisce un tranquillante non molto potente, facendolo assumere direttamente dal ragazzo, senza una sua supervisione.
Dopo poco, il giovane, che ha registrato il colloquio tra di lui e il medico, si butta da una finestra di casa propria e rimane gravemente ferito; a seguito di ciò viene trasportato in Ospedale, ove rimane in coma per 3 giorni prima di morire.
Da tali fatti scaturisce un procedimento penale per omicidio colposo nei confronti dei sanitari coinvolti (medico curante e psichiatra del 118). Viene quindi svolto un lungo processo nel quale si accerta: 1) una posizione di garanzia dello psichiatra; 2) una sua negligenza nel non aver predisposto un TSO o una cura più adeguata; 3) un nesso di causalità tra la defenestrazione e la morte.
Il Medico Psichiatra dell’ASL viene assolto, mentre quello in servizio presso il 118 viene condannato; l’ASL si costituisce parte civile nel processo penale.
Nel successivo procedimento civile, il giudice acquisisce i documenti del processo penale e accerta responsabilità in base a quanto affermato in tale sede; viene ivi traslata in toto anche l’azione nei confronti della ASL.
Il presente procedimento appare di particolare rilevanza in quanto il risultato ottenuto innova la giurisprudenza sull’argomento che, generalmente, riconosce la responsabilità dello psichiatra in caso di defenestrazione del paziente esclusivamente quando questo sia ricoverato presso la struttura sanitaria.
Nel caso in parola, invece, la responsabilità dello Psichiatra è stata riconosciuta nonostante il paziente non fosse ricoverato, bensì tenuto in cura presso il domicilio. I parenti della vittima hanno ottenuto il risarcimento del danno.