Blog

Il nuovo art. 2086 c.c. nella pratica

«L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».

Gli assetti amministrativi, organizzativi e contabili

In mancanza di indicazioni legislative, la dottrina ci aiuta a delineare i tratti caratteristici degli assetti di cui all’art. 2086 c.c.

Gestione integrata dei rischi aziendali: art. 2086 e d.lgs. 231/2001

Il modello di organizzazione e di gestione di cui al d.lgs. 231/2001, sebbene finalizzato alla prevenzione di reati, potrebbe essere un valido strumento di  ridefinizione dei processi interni, emersione di criticità (inclusi i rischi connessi alla crisi dell’impresa e alla perdita della continuità aziendale), miglioramento in efficienza e, di conseguenza, adeguamento degli «assetti» aziendali, in quanto parte integrante del corretto funzionamento del sistema organizzativo di una società.

Art. 2086 c.c. e obbligatorietà del modello 231

Come già ribadito più volte, l’impresa potrà  ottemperare ai doveri imposti dal CCII adottando un assetto organizzativo, amministrativo e contabili che risulti adeguato rispetto all’individuazione dei sintomi di crisi. Tali assetti possono essere utilizzati per rispondere «anche» a diverse necessita quali prevenire la commissione di reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del d.lgs. 231/2001.

Il Modello 231 «piegato» alla rilevazione di sintomi di crisi

A prescindere dalla obbligatorietà o meno del Modello 231, è indubbio come lo stesso possa in ogni caso svolgere un’importante ruolo nella definizione di un’organizzazione orientata alla gestione preventiva del rischio.

Il disposto normativo (i.e., d.lgs. 231/2001), le Linee guida di Confindustria per la costruzione dei Modelli 231, i pronunciati giurisprudenziali e le prassi oggi ormai consolidate ci permettono di individuarne gli elementi caratterizzanti, tra cui:

  • individuazione del rischio di commissione dei reati-presupposto 231, da sottoporre ad analisi e monitoraggio periodico;
  • identificazione dei principi etici e delle regole comportamentali volte alla prevenzione di condotte che possano interagire le fattispecie di reato previste dal d.lgs. 231/2001;
  • previsione di specifici protocolli relativi ai processi aziendali ritenuti «a rischio», diretti a regolamentare espressamente la formazione e l’attuazione delle decisioni della società;
  • definizione di sistemi di controlli interni preventivi ed eventuali sistemi informatici a supporto;
  • segregazione dei poteri, ovvero un chiaro sistema di deleghe e procure, coerente rispetto alle responsabilità attribuite;
  • nomina di un organismo («Organismo di Vigilanza» o «OdV») dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo e di un budget, preventivamente deliberato dall’organo amministrativo e proporzionale alla dimensione dell’impresa, del quale l’OdV potrà disporre per ogni esigenza necessaria all’efficiente ed efficace svolgimento dei propri compiti;
  • introduzione dei flussi informativi e sistemi di segnalazione volti a intercettare tempestivamente condotte che potrebbero sfociare nella commissione di reati;
  • svolgimento di attività di informazione e formazione nei confronti del personale aziendale.

L’attuazione effettiva ed efficace delle disposizioni del modello 231 e la compiuta vigilanza possono concorrere alla creazione di un sistema volto alla tempestiva rilevazione di rischi non solo penali; l’organo gestorio e quelli di controllo, mediante l’istituzione di flussi informativi periodici e l’invio di segnalazioni da parte dell’OdV, ricevono tempestive informazioni che possono rivelarsi utili (se non necessarie) all’intercettazione di sintomi di crisi.

Conclusioni

Data l’analoga impostazione dei due sistemi, è facile immaginare come il modello 231, se adottato, possa essere disegnato «anche» come parte degli strumenti di allerta di cui all’art. 12 CCII, per la sua finalità di prevenire il rischio di cattive pratiche mediante la definizione di regole volte ad una corretta e trasparente gestione aziendale, nonché per la sua capacità di intercettare tempestivamente segnali di squilibrio (anche economico-finanziari).

La gestione integrata dei sistemi istituiti ai sensi del d.lgs. 231/2001 e del CCII, pur nella valorizzazione delle rispettive diverse finalità ultime, potrebbe pertanto creare virtuose sinergie di processi e controlli (anche in ottica di riduzione di tempi e di costi) con reciproco beneficio, essendo l’imprenditore chiamato a valutare, prevedere e fronteggiare in modo adeguato entrambe le tipologie di rischio (della commissione di illeciti penali e dello stato di insolvenza), nell’ambito della ordinaria gestione dell’esercizio di impresa e non solo quando tali rischi si concretizzino in forma di danno attuale e concreto.