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Il consenso del del paziente di fronte all’emergenza

Gli enunciati che, da qualche anno a questa parte, si erano consolidati su più livelli normativi in materia di consenso ed alleanza terapeutica tra paziente e medico sono stati incisivamente posti in secondo piano con l’impatti travolgente che ha avuto la pandemia da Covid-19 sulle strutture sanitarie di tutto il pianeta.

In un contesto emergenziale quale quello che si è determinato nel corso della pandemia, non è sembrato ad alcuni fuori luogo domandarsi quale sia la condotta improntata al pieno rispetto del principio del consenso libero, consapevole ed informato concretamente esigibile dal medico in un contesto caratterizzato dalla novità di una patologia mai studiata scientificamente e contraddistinta dall’elevata contagiosità; contesto sempre più aggravato da una massiccia e generalizzata carenza organizzativa, tanto con riferimento alla disponibilità di terapie idonee a contrastare il virus, quanto con riguardo alla penuria di strumentazione, dispositivi di protezione individuale, nonché (e soprattutto) di posti letto in terapia intensiva e adeguato (in numero  e specializzazione) personale sanitario.

La domanda che si è posta in ordine ai possibili profili di responsabilità individuabili a fronte delle assenza o qualsiasi forma di menomazione del diritto di prestare il consenso all’atto medico, non ha potuto ricevere una risposta senz’altro certa e definita nel senso del riconoscimento di una forma di responsabilità in chi abbia computo quell’atto.

In ragione alla circostanze emergenziali in cui si è dovuto intervenire, infatti, potrebbe essere sufficiente ad escludere ovvero operare una qualche forma di bilanciamento della menomazione del diritto al consenso il richiamo a quanto dispone l’art. 2236 c.c. che esclude la responsabilità del prestatore d’opera per quei danni cagionati nell’esecuzione di una prestazione implicante “la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà”, fatta eccezione per la ricorrenza del dolo o della colpa grave.

I contesti nei quali la norma citata è stata ritenuta applicabile dalla giurisprudenza riguardano casi necessariamente straordinari ed eccezionali, ogni qualvolta (a) “non adeguatamente studiati dalla scienza o sperimentati dalla pratica”, oppure caratterizzati dal fatto che (b) “nella scienza medica vi siano ancora dibattiti diversi ed incompatibili sui correnti sistemi diagnostici e terapeutici fra i quali il medico debba compere una scelta”.

Si è assistito a numerose ipotesi di intervento medico senza la possibilità di acquisire il previsto consenso al trattamento sanitario; ma si è trattato di casi in cui non è stato difficile rinvenire l’ipotesi della forza maggiore, stante l’urgenza dell’intervento ed il ricorso del “pubblico interesse” indicato dall’art. 32 Cost.

In ogni caso, senza mai trascurare di considerare che, laddove si presentassero casi di necessità di interventi urgenti, ovvero ci si trovasse in situazioni di pericolo di vita per il paziente, già la l. n. 219, al comma 7° dell’art. 1, prevede che debbano essere assicurate le cure necessarie nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla; mentre il codice di deontologia, all’art. 36, stabilisce che «Il medico assicura l’assistenza indispensabile, in condizioni d’urgenza e di emergenza, nel rispetto delle volontà se espresse o tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento se manifestate», a prescindere dal fatto che le condizioni cliniche e le circostanza consentano di recepirla.

Emerge chiaramente dalla lettura sinottica delle norme sopra citate che mentre la norma deontologica condurrebbe a far prevalere la volontà del paziente, la norma ordinaria di rango superiore, pone, invece, la riserva – che sarà il medico a dover sciogliere in scienza e coscienza – in ordine al recepimento della volontà del paziente; per la legge ordinaria, dunque, il medico potrebbe, alla luce delle circostanze e delle condizioni cliniche del paziente, persino disattendere eventualmente la sua volontà. Affidata la decisione a questo tipo di valutazione da parte del medico, nelle situazioni di emergenza e di urgenza, alla luce della diversa impostazione testuale tra norma ordinaria e norma deontologica, egli potrebbe non rispettare la volontà del paziente ed assumere una decisione discrezionale, seppure fondata e motivata, in osservanza della norma ordinaria; ovvero , rispettare la decisione del paziente, naturalmente previa adeguata informazione sulle conseguenze che ne potrebbero derivare, in ossequio alla norma deontologica; con la dovuta precisazione che, mentre nel primo caso la regola è contenuta in una norma ordinaria di rango sovraordinato, nel secondo caso, la regola di comportamento è affidata ad una norma di rango inferiore la quale non è dotata dello stesso grado precettivo di quella ordinaria.